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mercoledì 10 dicembre 2008

Considerazioni di fase su cosa è avvenuto e avviene nel sistema dell’istruzione e all’Università.

Considerazioni di fase su cosa è avvenuto e avviene nel sistema dell’istruzione e all’Università.

di Lorenzo Porta

docente a contratto di “Maieutica reciproca e ricerca azione per la pace”

Università di Firenze

Già docente di Sociologia dell’educazione alla pace


A studenti e docenti: è da tempo che ho elaborato questo scritto sul quale ho chiesto pareri a persone che operano nel sistema dell’istruzione a diversi livelli e ad altri che si battono per la democrazia in diversi ambiti della società civile. Parte da un’analisi generale e poi svolge considerazioni sulla incresciosa situazione universitaria fiorentina, sul Corso di laurea Operazioni di pace con precisazioni sulla solidarietà a Giovanni Scotto.

Il servizio pubblico dell’istruzione


Oggi vediamo che la precarietà del lavoro è molto diffusa nel vasto settore terziario dei servizi a diversi livelli delle prestazioni da quelle dequalificate a quelle che richiedono più conoscenza. Una situazione che ci richiama, pur nelle mutate condizioni strutturali, al vasto settore agricolo degli anni '50 con le sue forme di sfruttamento pesanti ed umilianti.

Strano frutto di questa globalizzazione è la precarizzazione del lavoro, un fenomeno internazionale che coinvolge almeno un miliardo e mezzo di persone nel mondo di diverse provenienze: ucraini, russi, rumeni, per rimanere in Europa, cinesi, indiani, indonesiani in Asia, Brasiliani, peruviani, equatoregni in America latina. Essi vengono messi in competizione tra loro dalle imprese fautrici di questa deregolamentazione del lavoro, con il sostegno giuridico necessario degli stati nazionali, in uno scenario di delocalizzazione della produzione repentina, conforme alla logica della polverizzazione sociale dei subalterni e alla convenienza del costo della forza lavoro.

Se ci limitiamo all'Italia e agli studi più documentati sono tra i dieci e gli undici milioni le persone fisiche coinvolte in diversa misura nell'occupazione flessibile. In base ai dati Istat confrontati con i dati di rilevazione del Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Sec95) si stima che almeno il 25% del prodotto interno lordo nazionale sia realizzato attraverso lavoro irregolare. Il passaggio dei lavoratori da un'attività flessibile, che assume profili diversi a seconda delle decine di varietà di contratti atipici ( più di trenta) , ad un lavoro decisamente irregolare avviene con molta frequenza. ( vedi le analisi condotte sui dati Istat, Sec95, Isfol, Inail di Luciano Gallino in questi anni contenuti nel più recente testo, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Laterza, 2007).

Anche il lavoro intellettuale è esposto ad una precarizzazione di lungo periodo nei diversi ambiti della produzione con un aumento della competitività tra singoli lavoratori che ottunde in loro quel processo collettivo di riconoscimento di una condizione comune, momento fondamentale per esprimere una forza cosciente di trasformazione. Tale condizione di precarietà competitiva è un dato strutturale anche nel campo dell’istruzione pubblica nei diversi gradi degli insegnamenti dalle elementari all’università.

Un’università, quella italiana che vede ben sette studenti italiani scegliere di iscriversi presso università straniere della UE ( 25), più Svizzera e USA, a fronte di un solo loro collega straniero che viene negli atenei italiani. La pratica della trasparenza e della democrazia nel reclutamento dei ricercatori e professori negli Atenei ha raggiunto livelli di allarme, al punto che si sono invocati codici etici per le Università, che però non riescono a limitare il sistema della cooptazione , fondato sulla corruzione. Un’università in cui la mobilità sociale ascendente per studenti con capitale culturale familiare medio basso è preclusa e la percentuale di abbandono dei corsi universitari è più che doppia nei soggetti con genitori privi di laurea rispetto a coloro che hanno un genitore laureato.(cfr. www.lavoce.it , argomento: Scuola e Università, Uguali perché mobili, gennaio 2007; La mobilità sociale resta al palo, ottobre 2006).

Oggi poi vediamo intensificarsi l’attacco alla scuola pubblica a partire dalla scuola primaria, su cui si abbatte più pesantemente la scure della cacciata dei maestri già di ruolo. Gli emendamenti dell’opposizione in commissione al decreto 137 della ministra, avvocatessa, Gelmini sono stati respinti quasi nella totalità. Il varo del decreto è avvenuto a colpi di fiducia alla Camera, a cui è seguita l’approvazione definitiva al Senato.

E’ in preparazione un attacco frontale, che secondo una simulazione di scenario elaborata da sindacato ( Elaborazione della FLC-CGIL) http://www.flcgil.it/notizie/news/2008/settembre/ , già dal prossimo anno, nei diversi gradi scolastici dovrebbero scomparire 43.000 docenti e 15.000 tecnici, amministrativi ed ausiliari per un totale stimato di 130.000 posti in tre anni. Scomparirebbero le supplenze annuali. Le ore di lezione saranno ridotte. Come documentare e far emergere il lavoro educativo svolto dagli insegnanti che in questi anni si sono battuti per una scuola viva e partecipata? Come fermare la dispersione scolastica, che in Italia è al 20%, 10 punti sopra gli obiettivi di Lisbona, con punte del 30% in alcune aree del mezzogiorno? Giovani gettati sul mercato del lavoro con una debole preparazione sono destinati allo sfruttamento. Chi si preoccupa della loro formazione? Ora il tiro al bocciato riuscirà meglio con il voto di condotta revolver.

Quando si parla di costi diventa sacrilego oggi ricordare che le potenti immissioni in ruolo degli insegnanti di religione cattolica sono anch’esse un costo, ma non assolvono al crescente bisogno di una crescita culturale laica nella conoscenza della dimensione religiosa, al di là della libera appartenenza confessionale. Anche lì ci sono insegnanti bravissimi/e, ma dipendono nelle nomine dalle curie vescovili.

Confessionalizzare lo spazio pubblico, privatizzare il servizio dell’istruzione è la prospettiva che abbiamo di fronte. Questa è una restrizione della sfera pubblica come luogo del confronto garantito dai diritti, dove la logica del mercato è tenuta sotto controllo e dove le idee e le fedi non sono il mercato delle idee, ma appartenenze a confronto. La Costituzione italiana è uno scoglio da superare o una carta ancora da realizzare in alcuni punti qualificanti? Il sistema d’istruzione in una società è la linfa della democrazia e della partecipazione attiva.

Un attacco così massiccio all’istruzione pubblica può essere combattuto con successo solo se i docenti sapranno valorizzare e mostrare le pratiche didattiche attuate con spirito laico , libero in modo interdisciplinare, come deve avvenire nell’ambito pubblico della formazione. Questi insegnanti, tra loro figurano numerosi precari, hanno cercato di coltivare a spese proprie il loro aggiornamento, battendosi contro le pastoie burocratiche, le limitate risorse del settore per migliorare l’offerta formativa in una prospettiva aperta e non corporativa.


Alcuni nodi da sciogliere nell’Università


Purtroppo negli atenei c’è chi ha sarchiato il terreno pubblico a fini privati, come uno squallido cortile di casa, praticando il nepotismo, facendo strame di regole e deprimendo la vera ricerca: costoro sono i migliori alleati di chi vuole smantellare l’istruzione pubblica.


Oggi l’Università di Firenze, come anche Siena e altri atenei presentano una situazione di bilancio tremenda. Per Firenze dovremmo essere ai 50 milioni di buco di bilancio ( ma forse di più).

Ci devono spiegare ancora quanto e come incidono le voci consulenze su questa voragine, ovvero le prestazioni professionali di docenti interni strutturati ( ordinari e associati) o amici dei docenti pagate dai bilanci dell’università. Ricordo che nel maggio scorso il rettore ha tentato di riversare sugli studenti alcuni carichi di questo buco di bilancio.

A fronte di ciò il Senato accademico dell’ateneo fiorentino, nell’esercizio dei suoi poteri di autonomia, ha deciso nel marzo di quest’anno di inserire nel nuovo Regolamento di Ateneo, all’articolo 18,l’abolizione del diritto di voto vincolante ai docenti a contratto (la componente precaria dei docenti) nei Consigli di corso di laurea, riducendolo a mero voto consultivo.

In questo modo ogni potere di decisione è ristretto a pochi docenti di ruolo. Essi hanno sempre più le mani libere sulle proposte di reclutamento di nuovi ricercatori per esempio ( Regolamento di Ateneo approvato nel febbraio di quest’anno), approfondendo ulteriormente la disastrosa pratica della cooptazione dei docenti e ricercatori fondata sulla corruzione.

Dov’erano i democratici e i nonviolenti?? In molti non hanno preso posizione su questa misura di restringimento pesante della dialettica democratica, messa in atto in base ad una presunta percentuale di assenze dei contrattisti ai Consigli, superiore percentualmente a quella dei docenti strutturati.

I docenti a contratto sono una considerevole parte dei docenti su cui si regge l’offerta formativa degli atenei ( aggiorno il dato: ora superano i 50.000 in Italia).


A) una parte di loro è composta da docenti ormai in pensione, che proseguono nell'insegnamento, ( tra questi gli ordinari e gli associati che hanno optato per il pre-pensionamento hanno un trattamento economico di tutto rispetto, 30.000 euro annui che si cumulano alla loro pensione).


B) un'altra parte si fregia di questo “titolo prestigioso”, ma non partecipa alla vita dell'università, poiché svolge le principali attività lavorative in altri ambiti.


C) Vi è una terza parte , che costituisce la vera componente precaria, che ha puntato moltissimo sulla carriera universitaria ed è sottoposta maggiormente al condizionamento dei docenti strutturati. Non può vivere di quel contratto annuale perché a Firenze, per esempio è stato ridotto nell’Aa 2007/2008 a retribuzioni da fame: 720 euro per 40 ore di lezione senza contare ricevimenti, tesi e quant'altro. Essi devono contare su partecipazioni a ricerche, assegni di ricerca, docenze nei masters e perfezionamenti che sono sostanzialmente basate sulla cooptazione da parte dei docenti strutturati.

Ancora peggio, quest’anno accademico il contributo è di circa 33 euro per CFU, cioè circa 99 euro per un corso di 20 ore di lezione comprese tutte le altre attività che ricordavo sopra.

E’ così che risparmia il consiglio di amministrazione dell’Università di Firenze per realizzare il Piano di rientro ordinario della voragine di bilancio, oltre che a vendere beni immobili!!


Il prezzo della democrazia oggi


Ho vissuto sulla mia pelle le brucianti ritorsioni e le misure di isolamento per aver chiesto trasparenza nei Consigli di corso di laurea di Operazione di Pace gestione e mediazione dei conflitti, a cui ho preso parte a Firenze, sui meccanismi che regolano le proposte di reclutamento. Ho documentato con precisione e messo agli atti le irregolarità verificatesi. Mi riferisco proprio all’iter della chiamata diretta senza concorso per il dottor Giovanni Scotto che fin dal 2006 aveva presentato irregolarità palesi nella redazione dei verbali firmati dalla presidente e dallo stesso Giovanni Scotto, di Consiglio di corso di laurea e nel passaggio al Consiglio di facoltà per l’approvazione.

Questo mio intervento sulla trasparenza delle procedure sostenuto peraltro dai Professori L’Abate Alberto e Tonino Drago è stato considerato un affronto all’autorità, “un esercizio della democrazia paritaria curioso”. ( Esiste forse una teorizzazione della democrazia con diritti formali disuguali) La frase penso possa significare: “come osa un docente a contratto chiedere trasparenza. E’ già tanto che sieda in Consiglio di Corso di Laurea, bisognerebbe tornare agli anni ‘50, quando gli assistenti, quasi tutti di classi elevate, non avevano alcun riconoscimento giuridico e faceva fede per loro l’affiliazione di classe”.

E infatti qualcosa del genere è accaduto: voto consultivo per loro, come già detto.


Nel giugno 2006 fui estromesso dall’insegnamento attraverso l’applicazione di una norma mai applicata in Facoltà: chi frequentava il dottorato non poteva avere insegnamenti. Mi fu tolto l’insegnamento di sociologia dell’educazione alla pace e mai più ridato e persino un laboratorio, mentre alcuni miei colleghi dottorandi svolgevano laboratori nel periodo di dottorato.

Terminai il Dottorato con il risultato di eccellente. Dopo un lungo percorso che passò attraverso una sorta di mediazione presieduto dal giurista Professor Carlo Fusaro con i docenti Alberto L’Abate, Tonino Drago e Giovanna Ceccatelli Guerrieri, volto ad appurare le irregolarità nel Corso di Laurea, venne bandito un laboratorio di Maieutica reciproca e ricerca –azione per la pace. Risposi al bando e mi fu assegnato. Ho svolto il mio lavoro ed ora il laboratorio è sparito. Il professor Fusaro diceva che la componente che lui chiamava Galtunghiana e dolciana meritava più spazio nel Corso di laurea. Personalmente non ho avuto una proposta di collaborazione al Master di mediazione dei conflitti o a qualsivoglia progetto di ricerca dopo anni di lavoro di ricerca sul campo all’Università, precisamente dal 1994.

In tanti si sono chiesti: ma come se la cava il professor Porta ora? In questi anni ho vinto trasparentemente due concorsi abilitanti ordinari nelle scuole superiori e ho abbinato

il lavoro all’Università con l’insegnamento, prima ancora lavoravo come educatore presso un centro di affido familiare.

Oggi Giovanni Scotto chiede solidarietà per riuscire ad essere assunto con chiamata diretta senza concorso in questo ateneo come professore associato.

Bene!

Ricordiamo altresì, perché la sua richiesta di chiarezza abbia uno sbocco, che ci sono numerosi docenti precari, a contratto che hanno alle spalle anni di assegni di ricerca, tre anni di dottorato e anni di attività didattiche che chiedono concorsi trasparenti ispirati a criteri di garanzia democratica!! In questa direzione vanno anche i pronunciamenti dei docenti a contratto e i documenti inoltrati al Rettore.


Mi chiedo oggi


Perché il laboratorio che ho condotto lo scorso anno non compare tra i possibili laboratori dell’anno 2008-2009 all’interno dell’offerta formativa SECI – Operatori di Pace?

Perché il Consiglio di Corso di laurea Operazioni di Pace si è espresso per l’abolizione dei bandi per i laboratori, cosa che non avviene nella stragrande maggioranza delle Facoltà, se non in tutte?

Quali i criteri che hanno ispirato una selezione tra i laboratori svoltisi lo scorso anno accademico??

Per ora ho ricevuto l’offerta di svolgere due lezioni nel laboratorio permanente dell’ottimo dottorando Alfredo Panerai. L’ho fatto con una buona partecipazione di persone presenti. Gratis come può accadere ad un neo laureato. Inoltre il Professor Antonino Drago mi ha offerto uno spazio nel suo corso per una lezione sui percorsi di ricerca-azione per la trasformazione sociale.

Al mio laboratorio ho avuto 17 iscritti, una buona partecipazione ( il tetto massimo è circa di 20) ed un livello di approfondimento apprezzabile. Ogni partecipante nei gruppi di riferimento ha svolto una relazione sui temi della ricerca –azione, del metodo dell’inchiesta ( qualitativa e quantitativa) per la trasformazione sociale e per la prevenzione di primo livello dei conflitti. Gli esempi su cui abbiamo lavorato provenivano dal mondo del lavoro, della scuola e da situazioni di conflitto più vasti ( macro).

PER CONCLUDERE:

E’ possibile dare corpo e voce ad obiettivi minimi, ma qualificanti,di democrazia elementare, di ristabilimento di regole trasparenti e condivise nell’università?

E’ percorribile la strada dell’approvazione di effettivi codici etici , che blocchino i finanziamenti regionali, statali, europei laddove vengono reiterate pratiche illecite e nepotiste e dove l’amministrazione risponda un po’ di più ai criteri della trasparenza e dove non si possa più dire che:

  1. su 7 studenti italiani che vanno studiare all’estero ( Ue 25 più Svizzera e USA) ce n’è uno solo che da quei paesi viene in Italia a studiare.

  2. Gli studenti che abbandonano gli studi sono per più di due terzi figli di persone con istruzione formale medio-bassa. Assenza quindi di mobilità sociale ascendente.


Dove e come è stato fatto un uso perverso dell’autonomia universitaria?

Quali possibili trasformazioni minime sono proponibili affinché i metodi di reclutamento degni di uno stato di diritto possano rispondere ai criteri della trasparenza e della giustizia?

Tutto ciò per garantire una serenità nel lavoro di ricerca, senza venir divorati da pratiche di cooptazione ricattatoria e umiliante che tolgono energie alle persone, altrimenti utilizzabili per lavori costruttivi?


Firenze, 5 dicembre 2008

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