EVENTI

Link al calendario di k2.sns.it/133/
LA PROTESTA CONTINUA!!!

mercoledì 29 ottobre 2008

Torino, studenti e docenti uniti nella lotta

Articolo di Cinzia Sciuto, inviata a Torino - Micromega Online

Vignette ricevute da diversamenteoccupati.it


Scontri a Roma

ROMA - Prima un'aggressione isolata partita dagli studenti di destra per guadagnare la testa del presidio. Poi veri scontri, con tanto di lancio di tavolini, in piazza Navona, a pochi passi dal Senato, tra studenti di estrema destra e di sinistra, davanti ai turisti impauriti e l'immediata serrata dei negozi. Gli scontri si sono scatenati all'arrivo degli studenti del corteo degli universitari, tra cui alcuni esponenti anche dei centri sociali, arrivati nella piazza, dopo una tappa sotto al ministero. Prima dell'ingresso in piazza c'erano stati momenti di tensione perché le forze dell'ordine, avevano creato una barriera. Poi dopo una trattativa il cordone delle forze dell'ordine ha permesso il passaggio degli universitari, circa 400, che hanno sfilato con le mani alzate. Subito dopo gli studenti si sono avvicinati al camioncino attorno al quale erano radunati i ragazzi di "Blocco Studentesco", di destra, e sono nati gli scontri. Per picchiarsi hanno usato anche tavolini e sedie dei bar circostanti. Poi la polizia ha formato un cordone per dividere le due fazioni. Alcuni studenti di Blocco Studentesco sono stati portati in Questura. Il bilancio, parziale, è stato di quattro feriti.

2 ARRESTI, STUDENTI DI DESTRA E SINISTRA
In merito agli scontri avvenuti questa mattina in piazza Navona tra studenti di sinistra e di destra, la Questura di Roma ha proceduto ad effettuare due arresti. Si tratta di G.Y., di 34 anni, appartenente ad un movimento di sinistra e D.M, di 19 anni, che invece milita in uno destra. Per i due l'accusa è di danneggiamento, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. I 21 appartenenti al movimento di estrema destra Blocco Studentesco, fermati questa mattina dopo gli scontri di Piazza Navona, si trovano presso gli uffici della Digos per essere identificati. La polizia ha inoltre sequestrato mazze, catene e altri oggetti contundenti.




La testimonianza di Curzio Maltese - Repubblica TV


Solidarietà agli studenti aggrediti da quel gruppo di barbari.

I rettori vogliono la riforma che non c'è

Articolo pubblicato oggi su Europa.

Barack Gelmini

Il mio punto di riferimento è quello che sta facendo Barack Obama in America" 
(Maria Stella Gelmini, ministro dell'Istruzione, Corriere della sera, 27 ottobre 2008) 

"Questo è il momento di affrontare il nostro obbligo morale di garantire a ogni bambino un'educazione di primo livello, perché questo è il minimo che serve per competere in un'economia globale...Recluterò un esercito di nuovi insegnanti, pagherò loro retribuzioni più alte e darò loro maggiore supporto" 
(Barack Obama, discorso di accettazione della candidatura alla Casa Bianca,9 settembre 2008) 


Fonte: "Carta Canta", Marco Travaglio, Repubblica.it

I "diritti sociali" secondo la Costituzione italiana

La Costituzione italiana impegna la Repubblica a riconoscere e rendere concreti quei diritti indispensabili, i cosiddetti "diritti sociali". La Repubblica deve cioè impegnarsi per garantire l'uguaglianza dei punti di partenza per realizzare lo sviluppo della personalità di ciascuno (ad esempio il diritto all'istruzione dell'Art. 34) e il godimento di quei diritti fondamentali che potrebbero essere compromessi da disagiate condizioni economiche e sociali.
La nostra Costituzione determina quindi non solo una forma di Stato democratica e di diritto , ma anche sociale; ciò ha comportato la realizzazione di un sistema di assistenza e protezione sociale e l'organizzazione di servizi pubblici in settori fondamentali (dall'istruzione di ogni ordine e grado, al servizio sanitario nazionale).

Lo Stato e le altre istituzioni pubbliche devono destinare cifre enormi per garantire i diritti sociali, poiché lo impone la Costituzione, che ritiene tali diritti fondamentali alla
tutela della dignità umana, allo sviluppo della persona e alla realizzazione di uguali opportunità.


di Orlando Roselli
(diritto Costituzionale)

martedì 28 ottobre 2008

Familiari Vittime di Mafia: Agli studenti in agitazione la nostra ammirazione ed il nostro sostegno

Questo il messaggio dei componenti dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce del presidente Sonia Alfano, di Salvatore Borsellino e di Benny Calasanzio, agli studenti in agitazione in queste ore:

"Vorremmo esprimere agli studenti di tutta Italia il nostro appoggio e la nostra vicinanza in queste ore di protesta. Davanti ad un paese che non è più in grado di indignarsi, il vedere tutti quei giovani in piazza a manifestare per i propri diritti è per noi motivo di orgoglio e di conforto. I ragazzi di tutta Italia stanno facendo quello che i nostri familiari hanno fatto sacrificando la propria vita; lottare per un concreto stato di diritto.
Se le manganellate auspicate dal sovversivo di Stato, Francesco Cossiga, dovessero arrivare, noi saremo davanti ai ragazzi a prendere le manganellate al posto loro. Non lasceremo che i manganelli estirpino i germogli della democrazia. I ragazzi sono l'ultima chance che questo paese possiede per uscire dalla perenne "fase buia" nella quale personaggi come il senatore Cossiga ci hanno costretto per decenni. Li difenderemo come fossero tutti figli nostri quei ragazzi e non saremo al loro fianco ma davanti a loro. La nostra idea della scuola e le speranze che nutriamo nei suoi confronti scaturiscono dalla fondamentale importanza che le attribuiamo espressa egregiamente dalle parole di Piero Calamandrei":

[…]se si dovesse fare un paragone tra l'organismo costituzionale e l'organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell'organismo umano hanno la funzione di creare il sangue[…]

[…]A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità (applausi).Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.[…]


Sonia Alfano
Salvatore Borsellino
Benny Calasanzio
a nome dei componenti dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia


Decreto Gelmini


NB. L'unico articolo del decreto Gelmini che riguarda direttamente il mondo dell'Università è l'art 7.

Accesso alle scuole universitarie di specializzazione di medicina e chirurgia. La disposizione limita la possibilità di presentare domanda alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia ai soli aspiranti già laureati, anche se non ancora abilitati, purché l'abilitazione venga conseguita entro la data di inizio delle attività didattiche.

Lettera del Rettore di Milano agli studenti

Cari Allieve e Allievi del Politecnico di Milano,

In questi giorni ho ricevuto molti messaggi da parte Vostra.

In essi vi sono domande volte a cercare di comprendere meglio la attuale situazione, sono espresse preoccupazioni per il futuro di Voi giovani e del nostro Ateneo.

Siamo tanti, più di 2.500 fra docenti, tecnici e amministrativi, quasi 40.000 gli allievi: non possiamo certo riunirci tutti.

Userò quindi il web per mettere a Vostra disposizione quello che so e che ho imparato in questi anni, presentandovi soprattutto i punti che non sempre appaiono chiari nel confuso dibattito che i media ci presentano. Cercherò di individuare i vostri dubbi e di rispondere alle vostre domande. Presenterò le mie opinioni e il percorso che stiamo intraprendendo, terminerò con alcune conclusioni.

I decreti Gelmini

Sulla stampa, in molti striscioni, nelle manifestazioni si richiamano due realtà completamente diverse: la proposta del Ministro Gelmini sulla Scuola elementare e la legge 133/08 relativa al contenimento della spesa pubblica, il cui testo ricalca le proposte del Ministro Tremonti.

Vi intratterrò soltanto sulla seconda che riguarda anche le Università.

La legge 133/08 sul contenimento della spesa riguarda tutte le amministrazioni pubbliche, dai Ministeri alle Regioni, dai Comuni alla Polizia, dalle Università a tutte gli innumerevoli enti che sono prevalentemente finanziati dallo Stato.

Le riduzioni previste sono indistinte e colpiscono indiscriminatamente, senza considerare le differenze di funzioni, compiti e risultati delle varie tipologie di amministrazioni.

Per quanto è relativo alle Università statali come la nostra, le due conseguenze più rilevanti di questa legge approvata prima dell’Agosto 2008 sono le seguenti:

* una riduzione del finanziamento statale al sistema universitario (FFO = Fondo di Finanziamento Ordinario) a partire dal bilancio 2010 (quindi dal 1 gennaio 2010);
* la drastica riduzione del turn over (ogni 10 persone che vanno in pensione, ne possono entrare soltanto 2 fino al 2012 e poi 5 dal 2013)
* la possibilità di trasformare le università in Fondazioni di diritto privato.

Il Finanziamento statale del sistema universitario

Ogni anno la Finanziaria stabilisce l’ammontare del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), cioè i soldi che vanno al Sistema Universitario statale. Questa somma è a disposizione del Ministero che la ridistribuisce fra i differenti Atenei. La somma è cresciuta dal 1995 al 2005 ed è praticamente stazionaria da tre anni. Vale oggi circa 7 Miliardi di euro. La legge prevede una riduzione di circa il 20% in tre anni di tale somma senza considerare che, nel nostro Paese, il finanziamento alle Università è fra i più bassi di Europa. (Basta guardare i dati dell’OCSE).

Bisogna combattere affinché tale riduzione non avvenga: ciò è reso difficile non solo dalla situazione economica mondiale che sta peggiorando di giorno in giorno, ma anche dalla disuniformità e dalla credibilità attuale del sistema universitario.

Vi sono Atenei che hanno utilizzato bene la loro autonomia ed altri meno bene.

Vi sono Atenei che hanno investito per migliorare i servizi agli studenti e le infrastrutture di ricerca, altri hanno soltanto assunto persone, talvolta calpestando il merito di altre.

Gli effetti del taglio di finanziamento possono essere ricondotti a due tipologie differenti.

La prima riguarda quegli Atenei che hanno esagerato nelle assunzioni di personale ed oggi hanno un costo del personale che praticamente mangia tutta la loro dotazione statale (forse avete sentito dire che il rapporto fra spese di personale e FFO di ogni Ateneo non dovrebbe superare il 90%, che vi sono Atenei che hanno superato tale rapporto, che con gli adeguamenti stipendiali questo rapporto continuerà ad aumentare). Questi Atenei, se la legge venisse mantenuta inalterata, sono destinati,  chi subito, chi fra due – tre anni a fallire perchè non saranno più in grado di pagare i loro dipendenti.

La seconda riguarda quegli Atenei, come il nostro, che, pur avendo aumentato negli anni il loro personale docente, tecnico e amministrativo, sono stati attenti a non caricarsi da impegni di spesa troppo onerosi (il Politecnico di Milano ha spese fisse di personale pari al 67% di FFO a fronte di una media nazionale dell’86%) ed hanno utilizzato la differenza per investimenti in attrezzature, infrastrutture, creazione e miglioramenti dei servizi offerti. Di fronte a un taglio di finanziamento statale, questi Atenei non sono condannati al fallimento, ma  dovranno ridurre spese e servizi. Chi, come noi, ha già fatto ogni tipo di razionalizzazione e di economia, dovrà cercare, in tutti i modi possibili, di mantenere la qualità di tutti quei servizi che vi fanno apprezzare il nostro Ateneo.

Io confido che, a meno di cataclismi economici, il Governo dovrà rivedere le sue decisioni, almeno nei riguardi di quegli Atenei che hanno dimostrato di saper bene gestire le risorse loro assegnate.

Se insisterà nella sua decisione, vorrà dire che il Governo desidera uccidere le nostre università, portando il nostro Paese a diventare vassallo di altre Nazioni, in particolare di quelle che molto stanno investendo in formazione e ricerca.

La riduzione del turn over

La riduzione imposta dalla legge per il turn over nasce forse da un ragionamento meramente economico, ma non considera le conseguenze che sono devastanti per tutti.

Il ragionamento è il seguente: riduciamo le persone, così riduciamo il costo degli stipendi e quindi compensiamo con tale riduzione il minor finanziamento. A supporto di tale ragionamento si portano i difetti del sistema: modalità di reclutamento non sempre irreprensibili,  proliferazione di corsi di laurea istituiti per soddisfare più gli interessi dei docenti che le necessità formative degli allievi, scarsa presenza dei docenti negli Atenei, incapacità di auto governarsi correttamente, autoreferenzialità e mancanza di valutazione dei risultati. In fondo si è contribuito a creare uno slogan che purtroppo sta attecchendo nella opinione pubblica: le amministrazioni pubbliche sono costose e inefficienti, l’università è una amministrazione pubblica, quindi la università è inefficiente e sprecona.

E’ un ragionamento che combatto da 5 anni e che non è facile da contestare perché l’opinione pubblica è sempre più attenta agli aspetti negativi che le vengono presentati che a quelli positivi. Basta una truffa a un test di medicina in un Ateneo per dire che tutti gli Atenei stanno truffando, basta una assunzione chiacchierata per dire che tutti i concorsi universitari sono truccati, basta dire che una università ha scoperto un buco nel suo bilancio per dire che il sistema delle università pubbliche è fallito.

Il gusto della generalizzazione purtroppo ormai caratterizza tutti, molti si accontentano di soli slogan, pochi amano ancora conoscere prima di parlare.

La legge è devastante perché colpisce tutti indiscriminatamente e ingiustamente. Chi ha limitato il numero di assunzioni, chi ha fatto una programmazione attenta dei ricambi generazionali viene colpito irrimediabilmente.

La legge colpisce drammaticamente tutti i giovani che oggi collaborano a vario titolo con i docenti (dottorandi, post doc, assegnisti di ricerca) e che contavano un giorno non troppo lontano di entrare in una posizione stabile in università.

In definitiva si deve combattere per modificare la decisione legislativa perché è profondamente ingiusta, perché taglia le gambe al ricambio generazionale, perché colpisce le aspettative dei giovani, perché va esattamente nel senso contrario al riconoscimento del merito, perché indebolisce in modo irreversibile l’università che, senza l’immissione di giovani, diventerà vecchia e obsoleta nel giro di pochi anni.

La possibilità di trasformare le università in Fondazioni

E’ stato detto in molti interventi che l’articolo di legge che consente alle università statali di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato e non dice come e con la partecipazione di chi, che è talmente vago da essere non attuabile, che, con esso, si annuncia un cambiamento di strategia da parte del Governo nei riguardi del sistema della formazione e della ricerca italiano.

Vediamo di ragionarci un attimo. Un Ateneo potrebbe trasformarsi in fondazione se, accanto allo Stato, intervenissero dei partners privati disposti a sostenere economicamente l’Ateneo.

L’On. Mauro, vice presidente del Parlamento europeo, si è chiesto recentemente in un convegno: dove si può trovare un imprenditore così pazzo da caricarsi l’onere di contribuire finanziariamente alle spese correnti di un Ateneo o di una Scuola che, per definizione, non sono in grado di restituire utili? Quale privato può investire a fondo perduto?

Si potrebbe pensare a una Fondazione che veda Stato, Regione, Provincia, Comune insieme a Fondazione Bancarie e Associazioni varie. Ci si dimentica che è necessario una quota di contribuzione privata maggiore del 50% per rendere “privata” una fondazione e quindi per renderla indipendente dalle regole imposte dal contenimento della spesa pubblica (i famosi parametri di Maastricht).

E’ oggi impensabile che le Fondazioni bancarie si sostituiscano in larga misura allo Stato per finanziare annualmente  il sistema della formazione e della ricerca e quindi gli Atenei.

Non vi sono altre alternative: in tutto il mondo le Università funzionano perché ricevono il loro prevalente fabbisogno finanziario o dalla Collettività Sociale o dalla contribuzione diretta degli Allievi. Nel primo caso l’Università si caratterizza come pubblica, nel secondo come privata (in Italia la prima è denominata statale, la seconda non statale).

Il primo modello considera prevalente il vantaggio di avere formazione e ricerca a servizio della competitività della intera Comunità sociale. Il secondo modello considera prevalente il vantaggio del singolo (allievo o impresa) che riceve la possibilità di incrementare la propria competitività personale.

In Europa è sicuramente prevalente il primo modello tanto che la quasi totalità di studenti universitari frequentano università pubbliche (in Italia sono oggi il 94%).

Cosa fare

Resta un anno per cercare di rovesciare la situazione e certamente non si possono aspettare gli ultimi mesi del 2009 per riuscirvi. D’altra parte è evidente che azioni non coordinate non possono che essere inutili e controproducenti.

Credo che ognuno, prima di partecipare ad una qualsiasi iniziativa, dovrebbe ragionare non in base ai propri sentimenti, bensì valutando razionalmente le possibili conseguenze.

Mi spiego con un esempio: le attuali manifestazioni spontanee  possono essere considerate esaltanti da chi vi partecipa per il loro forte impatto mediatico, ma il monitoraggio delle loro conseguenze sembra dimostrare che nella opinione pubblica sta crescendo il fastidio e quindi il rafforzamento delle posizioni più contrarie alla nostra università. Ciò rende ancora meno condiviso dalla maggioranza dell’opinione pubblica il tentativo di mitigare gli effetti della legge e di mantenere pubblico il nostro sistema universitario. Rende invece più condiviso qualsiasi atto teso a penalizzare i nostri Atenei.

Quello che bisogna fare subito, tutti insieme, riguarda soprattutto la politica interna degli Atenei. E’ quanto mai necessario che ogni Ateneo risponda, il più rapidamente possibile, alle critiche che vengono mosse in modo generalizzato, o per dimostrare di esserne esente o per modificare i propri comportamenti.

Quali sono queste critiche?

a)      Le Università sono accusate di aver prolificato i corsi di laurea e gli insegnamenti per favorire i desideri dei docenti. Si deve rimodulare la didattica in modo da erogarla sempre più all’insegna del principio della effettiva centralità della formazione dell’allievo e delle sue concrete possibilità di trovare sbocchi lavorativi soddisfacenti.

b)      Le Università sono accusate di dissipare tempo e soldi in una ricerca inutile e costosa che serve soltanto alla carriera accademica di chi la produce. Si deve  promuovere una ricerca sempre più al servizio della competitività internazionale del  nostro Paese e quindi ci si deve battere affinché il Governo promuova il riconoscimento della qualità e del merito a seguito di valutazioni attendibili, analoghe a quelle ormai abituali  in molti paesi europei.

c)      Le Università sono accusate di seguire processi poco trasparenti nel reclutamento dei giovani e nell’avanzamento di carriera dei docenti. Si deve promuovere un sistema di valutazione che porti a una qualità certificata da parametri obiettivi e procedure innovative nel reclutamento dei docenti e dell’inserimento dei giovani.

d)      Le Università sono accusate di aver prolificato a dismisura le loro sedi didattiche. Si deve promuovere una revisione della distribuzione a livello regionale o macroregionale della propria offerta formativa e della ricerca nell’interesse dei territori, anche sviluppando interazioni ed integrazioni forti tra Atenei in un’ottica di complementarietà;

e)      Le Università sono accusate di avere una visione corporativa nelle proprie modalità di governo. Bisogna testimoniare l’impegno di modificare il proprio assetto di governance interno per evitare derive autoreferenziali attraverso una netta separazione tra funzioni di indirizzo delle attività didattiche e scientifiche, e responsabilità di gestione delle risorse;

f)        Le Università sono accusate di non riuscire a verificare l’impegno dei propri docenti nella didattica e nella ricerca. Ci deve attivare per garantire sempre di più il rispetto di un codice etico di comportamento, anche misurando la produttività dei propri docenti

Allora cosa fare verso l’esterno?

Bisogna combattere per convincere tutti gli Atenei ad attivarsi in queste direzioni. Bisogna combattere perché alcuni imbocchino questa strada fin da subito, nella speranza di essere di esempio per gli altri. Bisogna mettersi in discussione di fronte al Paese all’insegna della trasparenza e dell’obiettività. Bisogna essere disponibili a confrontarsi con esperti del Ministero dell’Economia e delle Finanze sui propri bilanci e sui criteri di gestione adottati, superando ogni forma di autoreferenzialità.

Come vedete bisogna imboccare una strada stretta, difficile e in salita che richiede l’impegno di tutti e soprattutto il rispetto delle Istituzioni di appartenenza.

Il Politecnico di Milano, insieme ad altri Atenei, può già dimostrare di essere esente da molte delle critiche che vi ho sopra riportato e di aver già preso la decisione di attuare processi che gli consentano ulteriori miglioramenti.

Noi, Rettori di questi Atenei, abbiamo il compito di combattere su diversi tavoli per fare in modo che il Governo possa riconoscere la utilità di queste azioni, per convincerlo a stipulare un “patto di stabilità”, cioè un accordo di programma individualizzato Ateneo per Ateneo, che accordi un finanziamento dignitoso a fronte di precisi obiettivi da raggiungere nella didattica, nella ricerca, nella gestione.

Conclusioni

Insieme ad altri Rettori sto combattendo in tutte le direzioni che Vi ho delineato, ho bisogno dell’appoggio di tutti e soprattutto di Voi allievi.

Se dovessero arrivare dal Governo segnali precisi di non disponibilità alla discussione sulla base delle linee che Vi ho indicato, allora sarà chiara la sua volontà di penalizzare anche gli Atenei più aperti al cambiamento ed i loro Rettori saranno costretti ad assumere tutte le iniziative necessarie per evitare la catastrofe dell’intero sistema universitario pubblico del Paese.

Non possiamo perdere la battaglia volta a migliorare la competitività internazionale del nostro Paese, competitività necessaria per assicurare un futuro a tutti Voi.

Resto a Vostra disposizione per approfondire i temi che più Vi interessano, per confrontarmi con Voi, convinto che soltanto attraverso il dialogo possiamo costruire un futuro sempre migliore del nostro Ateneo.

Giulio Ballio

Rettore del Politecnico di Milano

Fonte: legge133.studentipolitecnico.it

lunedì 27 ottobre 2008

News

Gelmini: protesta di pochi, il mio modello è Obama

"Niente classi separate, solo corsi di italiano per chi non lo parla" - Marco Cremonesi - Corriere della Sera, 27 ottobre 2008

Domani a Pisa

Domani, Logge di Banchi ore 15: il Consiglio Comunale e Provinciale allargato discuterà dei danni della legge 133/2008.

"Noi studenti di destra delusi dal governo"

I ragazzi di CI: Berlusconi o sinistra, arrivano solo tagli - Flavia Amabile - Stampa, 28 ottobre 2008

Notte bianca a Massarosa

E' stata organizzata un'altra notte bianca contro la Gelmini e la 133! L'appuntamento è per mercoledì 29 ottobre presso la palestra (causa pioggia) delle scuole medie Maurizio Pellegrini di Massarosa (Via Papa Giovanni XXIII).
Comincia alle ore 21:00, è organizzata da maestri, professori e genitori e ci sarà anche un gruppo che suonerà dal vivo!
E' aperto a tutti quindi se vi trovate nelle vicinanze, partecipate numerosi!

Onda anomala

Puntata di Blob, 25 ottobre 2008

domenica 26 ottobre 2008

News

L'appello delle facoltà romane al movimento studentesco

Gli studenti: “L’onda anomala non si fermerà!”
Alle facoltà in mobilitazione,
alle studentesse e agli studenti, ai dottorandi, ai precari della ricerca

"Noi la crisi non la paghiamo", è questo lo slogan con cui poche settimane fa abbiamo iniziato le mobilitazioni all’interno dell’università la Sapienza. Uno slogan semplice, ma nello stesso tempo diretto: la crisi globale è crisi del capitalismo stesso, della speculazione finanziaria e immobiliare, di un sistema senza regole né diritti, di manager e società senza scrupoli; questa crisi non può ricadere sulle spalle della formazione, dalla scuola all’università, della sanità, dei contribuenti in genere. Lo slogan è diventato famoso, correndo veloce di bocca in bocca, di città in città. Dagli studenti ai precari, dal mondo del lavoro a quello della ricerca, nessuno vuole pagare la crisi, nessuno vuole socializzare le perdite, laddove la ricchezza è stata per anni distribuita tra pochi, pochissimi.
Ed è proprio il contagio che si è determinato in queste settimane, la moltiplicazione delle mobilitazioni nelle scuole, nelle università, nelle città, che deve aver suscitato molta paura. Si sa, il cane che ha paura morde, altrettanto la reazione del presidente del Consiglio Berlusconi non si è fatta attendere: "polizia per le università e le scuole occupate", "faremo fuori la violenza dal paese". Soltanto ieri Berlusconi aveva dichiarato di voler aumentare i sostegni economici alle banche e di voler fare dello stato e della spesa pubblica garanti in ultima istanza per i prestiti alle imprese: in una parola, tagli alla formazione, meno risorse per gli studenti, tagli alla sanità, ma soldi alle imprese, alle banche, ai privati. Ci chiediamo allora dove si trova la violenza: è violenta un’occupazione o piuttosto è violento un governo che impone la legge 133 e il decreto Gelmini, in barba a qualsiasi discussione parlamentare? E’ violento il dissenso o chi intende soffocarlo con la polizia? E’ violento che si mobilita in difesa dell’università e della scuola pubblica o chi intende dismetterle per favorire gli interessi economici di pochi? La violenza sta dalla parte del governo Berlusconi, dall’altra parte, nelle facoltà o nelle scuole occupate, c’è la gioia e l’indignazione di chi lotte per il proprio futuro, di chi non accetta di essere messo all’angolo o costretto al silenzio, di chi vuole essere libero.
Ci è stato detto che sappiamo soltanto dire no, che non abbiamo proposte. Niente di più falso: proprio le occupazioni e le assemblee di questi giorni stanno costruendo una nuova università, un’università fatta di conoscenza, ma anche di socialità, di sapere ma anche di informazione, di consapevolezza. Studiare è per noi fondamentale, proprio per questo riteniamo indispensabili le proteste: occupare per poter far vivere l’università pubblica, dissentire per poter continuare a studiare o fare ricerca. Molte cose nell’università e nelle scuole vanno cambiate, ma una cosa è certa, il cambiamento non passa per il de-finanziamento. Cambiare l’università significa aumentare le risorse, sostenere la ricerca, qualificare i processi formativi, garantire la mobilità (dallo studio alla ricerca, dalla ricerca alla docenza). Il de-finanziamento, invece, ha un solo scopo: trasformare le università in fondazioni private, decretare la fine dell’università pubblica.
Il disegno è chiaro, anche gli strumenti: la legge 133 è stata approvata nel mese d’agosto, di fronte al dissenso di decine di migliaia di studenti si invoca l’intervento della polizia. Questo governo vuole distruggere la democrazia, attraverso la paura, attraverso il terrore. Ma oggi, dalla Sapienza in mobilitazione e dalle facoltà occupate diciamo che noi non abbiamo paura e di certo non torneremo indietro sui nostri passi. È nostra intenzione, piuttosto, far retrocedere il governo: non fermeremo le lotte fin quando la legge 133 e il decreto Gelmini non verranno ritirati! E questa volta andiamo fino in fondo, non vogliamo perdere, non vogliamo abbassare la testa di fronte a tanta arroganza. Per questo invitiamo tutte le facoltà in mobilitazione del paese a fare la stessa cosa: vogliono colpire le occupazioni e allora che altre mille scuole e facoltà occupino!
In più, al seguito dello straordinario successo dello sciopero e delle manifestazioni del 17 ottobre, indetti dai sindacati di base, riteniamo giunto il momento di dare una risposta unitaria e coordinata nelle piazze delle nostre città. Proponiamo di dare vita a due scadenze nazionali: una giornata di mobilitazione per venerdì 7 novembre, con manifestazioni dislocate in tutte le città; una grande manifestazione nazionale del mondo della formazione, dall’università alla scuola, a Roma per venerdì 14 novembre, giornata in cui i sindacati confederali hanno decretato lo sciopero dell’università, giornata da costruire dal basso e che veda protagonisti in primo luogo gli studenti, i ricercatori ed i docenti in mobilitazione. Altrettanto riteniamo utile attraversare, con le nostre forme e i nostri contenuti, lo sciopero generale della scuola promosso dai sindacati confederali fissato per giovedì 30 ottobre.

Quello che sta accadendo in questi giorni ci parla di una mobilitazione straordinaria, potente, ricca. Una nuova onda, un’onda anomala che non intende fermarsi e che piuttosto vuole vincere. Facciamo crescere l’onda, facciamo crescere la voglia di lottare. Ci vogliono idioti e rassegnati, ma noi siamo intelligenti e in movimento e la nostra onda andrà lontano!

Dalle facoltà occupate della Sapienza di Roma, dall’ateneo in mobilitazione.

Eugenio Scalfari e i tagli a scuola e università

[...]Emma Marcegaglia, in un soprassalto d'intelligenza suscitato dall'aggravarsi della situazione, interrogata sul disagio nelle scuole causato dalla riforma Gelmini, ha risposto: "Ma quale riforma? Non esiste una riforma, esiste soltanto un decreto di tagli di spesa".
Ha ragione il presidente di Confindustria che non è certo una bolscevica: un decreto di tagli sul tessuto più delicato che vi sia in una qualsiasi società. Riformare la scuola media e superiore, riformare l'Università dopo due o tre tentativi malfatti o non portati a termine è necessario ma la Gelmini non ha proposto alcuna riforma, ha soltanto recepito dal ministro dell'Economia un canestro di tagli che devasteranno la scuola elementare e media.

La risposta al disagio verrà data dalle questure? Noi speriamo che le questure siano più ragionevoli del ministro Gelmini e di chi la sostiene. Qualche segnale in questo senso si è avuto, ma certo la pressione del potere cresce, la tolleranza zero si fa valere. Questa volta non colpirà soltanto gli studenti ma le famiglie che partecipano con i loro figli a questo disastro politico. [...]

Fonte: Il caos calmo della rabbia -Eugenio Scalfari - Repubblica, 26 ottobre 2008

UNIVERSITA', VENDESI TOR VERGATA A 1,50 EURO SU E BAY


ROMA - A.A.A. cercasi acquirente per la secondo università romana di Tor Vergata al modico prezzo di un euro e 50 centesimi. Potrebbe essere questo lo slogan dell'annuncio di vendita messo su sito e-Bay dagli universitari in mobilitazione. Dopo l'immagine del logo di Tor Vergata nel sito si può leggere un testo, in cui si spiega che compreso nel prezzo vengono offerti anche i professori, gli studenti e il loro futuro. "Il complesso universitario sorge nel verde, in zona Roma sud-est. E' composto da diverse facoltà - si legge nell'annuncio -, tutte con ampio parcheggio, aule, laboratori e bar. Compresi nel prezzo vengono offerti anche i professori, gli studenti e il loro futuro, che potrà essere manipolato a vostro piacimento. Il tutto è un usato garantito, e un gadget essenziale per chiunque voglia fare dell' Università un ente privato accessibile a pochi. Trovandosi inoltre in un ampio parco e tra ben tre centri commerciali, l'Università Tor Vergata è l'ideale per coloro che vogliano ampliare il loro sapere senza rinunciare allo shopping e all'attività fisica". Il venditore alla fine spiega: "Per quanto riguarda le modalità di spedizione, per ora, posso garantire solamente il ritiro a mano. Mi raccomando: fate la vostra offerta e non esitate a contattarmi per qualsiasi chiarimento".

venerdì 24 ottobre 2008

Le manifestazioni degli studenti sulle prime pagine dei giornali di oggi



E per finire in bellezza la prima pagina di Libero di ieri e i seguenti articoli:

News


Vogliamo ringraziare la giornalista per aver citato il nostro blog nel suo articolo!

Studenti e docenti andrebbero picchiati a sangue. Parola di Francesco Cossiga

Articolo di Stefano Corradino, Articolo21.info

Generazione tradita

Europa, 22 ottobre 2008 - Articolo di Nando dalla Chiesa

Il sessantotto per loro è un pezzo d’antiquariato. Pregevole per molti, insignificante o sospetto per altri, un incubo per chi è stato afflitto in casa da parenti nostalgici di Villa Giulia o di via Festa del Perdono. Ma fondamentalmente non gliene importa niente. I loro riferimenti stanno più spesso in miti individuali. Molto Saviano in questo momento, e giustamente. E anche Obama non scherza. E pure Gino Strada. Gli piace, e come no, Travaglio. Insomma, chi fa qualcosa che cambi il mondo che esiste o che sappia stare contro il potere. E anche se “no global” non si usa più, hanno molto a cuore i temi di Genova G8.
Ma perché si stiano muovendo a centinaia di migliaia per tutte le città d’Italia, perché manifestino, occupino, discutano della scuola e dell’università e dei loro destini da settimane, questa è un’altra cosa, che attiene di più alla loro condizione. Nessun confronto con il sessantotto, per carità, anche perché il rischio è sempre quello di privilegiare e di portarsi a braccetto i fantasmi del passato. Possiamo però dire che è giunto finalmente al pettine il nodo che da anni tutti vedono e deprecano senza che diventi mai tema di governo. Si parano davanti a noi i primi studenti nella storia che hanno la certezza che il proprio futuro sarà molto più precario di quello dei genitori.

Vedono quel che sta capitando ai propri fratelli maggiori, i quali questa sconvolgente novità l’avevano appena fiutata, smorzata com’era dall’ esperienza del benessere e dalle reti di protezione familiari. Sgomento per il futuro, studi di cui non si intravede lo sbocco, lauree triennali e poi magistrali e poi master, pezzi di formazione senza fine, percorsi astrusi e pensati non per loro ma per elargire cattedre universitarie, lavori da pochi euro l’ora, la percezione che bisognerà arrangiarsi a lungo. Che andranno avanti i più geniali o quelli che stanno nel rosso dell’uovo, i figli del due per cento della popolazione più ricco di soldi e relazioni. Oppure: che gli strumenti indispensabili per scavarsi un piccolo alveo nel mondo che cambia, per non farsi superare dai tempi, li troveranno fuori dalla scuola e dall’università, si tratti delle conoscenze informatiche come delle lingue.

E’ su questa incertezza, o meglio su questa perfida certezza, che piomba come un treno la riforma Gelmini. Il suo spirito prima del suo testo. L’idea che occorra un surplus di autorità viene respinta non perché questa generazione provi esattamente l’orticaria davanti a ogni richiamo all’autorità. Ma perché sembra l’ultima cosa di cui si abbia bisogno per ridare un senso allo studio. Perché si avverte come non mai l’esigenza di riqualificare tutto: scuola, università, ricerca. Non si dice forse che l’unica vera chance per competere sulla scena della globalizzazione, della concorrenza di paesi un giorno ex coloniali o terzo mondo, è la qualità, il valore intellettuale e tecnologico aggiunto? Ecco invece i tagli. Su una scuola che è già allo stremo. Tagli alla cieca, a percentuali, anche a costo di aumentare le difficoltà dei più deboli. La nuova generazione di studenti avverte d’istinto che su questa strada sarà tradita. E non lo dice neanche confusamente. Non usa frasi imbevute di ideologia, che ormai -fatte alcune penose eccezioni- non ricorrono nemmeno nel lessico familiare dei suoi esponenti politicamente più impegnati. La stessa opposizione ai progetti di privatizzazione, di trasformazione delle università in fondazioni, non ha le motivazioni e i toni del movimento della Pantera, che segnò i primi anni novanta. Non è pregiudiziale o ideologica. Ma muove dalla concretezza, da quanto si è visto in questi anni in ogni campo. Il privato che, ben diverso dai “nostri” che giungono a cavallo, anziché salvare il pubblico ne succhia l’anima. Il privato che reclama flessibilità per dare più lavoro ai giovani e poi dissemina la società di nuovo e incontrollato sfruttamento.
Provate a mettere sul piatto di quello che accade il sette in condotta (in sé non turpe), il grembiulino, i tagli, la ricetta del passaggio al privato e ne ricaverete una sensazione mista di paura e di beffa. Altro che sognare la fine dell’alienazione, altro che la piccola borghesia che chiede l’università di massa. Altro che la cultura per tutti, nello Stato sociale che si apre ai bisogni dei più deboli. Altro che la liberalizzazione degli accessi. Senza sbocchi lavorativi, numeri chiusi ovunque, lo Stato che comunica che la cultura è un costo insopportabile. Una generazione preme alle porte della nostra cittadella adulta. E nelle sue varianti, sociali, culturali e politiche, ci comunica il sentimento che l’accomuna: si sente ricacciata indietro, mandata allo sbaraglio. Detto con altro linguaggio: non si sente voluta bene. E scusate se è poco.

Scuola, proteste orchestrate dalla sinistra?

Articolo di Bruna Iacopino - Articolo21.info

''Dietro i cortei di questi giorni c'e' l'estrema sinistra e i centri sociali''. Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi, a fianco della Ministra dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, ormai santificata come “Beata ignoranza”, spiega le proteste studentesche di questi giorni: una regia orchestrata ad hoc da parte di una certa sinistra che, dopo aver perso le elezioni crede di poter fare opposizione strumentalizzando dei poveri studenti sprovveduti.
Lamentando, poi, come i media stiano raccontando questa vicenda, Berlusconi aggiunge: ''La realta' di questi giorni e' quella di aule piene di ragazzi che intendono studiare e i manifestanti che sono organizzati dall'estrema sinistra. Molto spesso, come a Milano, dai centri sociali''.
Anche la Ministra si mostra decisa: il decreto passerà così com’è, dopo quello relativo alla scuola si metterà mano a quello dell’università. Vanno fermati gli sprechi e migliorata la qualità dell’insegnamento universitario. A suo avviso le proteste di questi giorni rappresentano la violenza e l’imposizione di pochi sui molti studenti che vorrebbero svolgere correttamente le lezioni.
E, certo questa non è una novità: da che mondo è mondo, mentre c’è qualcuno che protesta qualcun altro si tira indietro e continua a fare la vita di ogni giorno, succedeva e succede nelle fabbriche, succedeva e succede nelle scuole.
Tuttavia i dati dicono ben altro: le proteste si estendono a macchia d’olio dal Nord al Sud della penisola, dalle scuole primarie alle università, coinvolgendo indistintamente studenti e docenti.
L’università, protagonista delle proteste di questi giorni si scaglia contro l'ex Dl 112/2008, CAP. V (attuale legge 133/2008) duramente contestata anche dalla CRUI (Conferenza dei rettori delle Università italiane) che già si era espressa in tal senso con la mozione votata all’unanimità il 24 luglio 2008 e in cui si legge: “L’Assemblea della CRUI, riunita il 24 luglio 2008, presa visione della versione del decreto legge 112/2008 predisposto dal Governo e appena votato dalla Camera dei Deputati, ribadisce la valutazione fortemente negativa già espressa lo scorso 3 luglio sul significato complessivo del provvedimento e in particolare sui tagli progressivi del FFO collegati alla limitazione del turn over e al riassorbimento delle risorse derivanti dalle cessazioni dal servizio. Valutazione che ha trovato ampio riscontro nelle numerose prese di posizione, istituzionali e spontanee, del mondo universitario. Il Paese deve sapere che con tale misura, se mantenuta e non modificata, si determinerà una condizione finanziaria del tutto incontrollabile e ingestibile, con effetti dirompenti per gli atenei. Si renderà sempre più difficile l’ingresso nei ruoli di giovani di valore; peggiorerà il livello di funzionalità delle Università, anche come conseguenza dell’ulteriore mortificazione delle condizioni retributive del personale tecnico e amministrativo; diventerà sempre più difficile se non impossibile reggere alla concorrenza/collaborazione in atto a livello internazionale; si annullerà di fatto il fondamento stesso dell’autonomia universitaria, come definita negli anni ‘90, basata sulla gestione responsabile dei budget.”
Dunque, a poco valgono le accuse lanciate contro gli studenti rei di occupazioni e “violenze” se anche il corpo docente è sceso in piazza decidendo addirittura di svolgere le lezioni all’aperto, come successo davanti a Montecitorio.
E che non si tratti dei soliti centri sociali strumentalizzati dalla sinistra ci pensa Forza Nuova a smentirlo. 'E' preciso diritto degli studenti manifestare la loro opposizione dato che questo provvedimento riguarda il loro futuro, e non quello della Gelmini o di Berlusconi. Il Governo fa orecchie di mercante, non accetta che la totalita' degli operatori scolastici e degli studenti sia in disaccordo, e si comporta in maniera anti democratica facendo leva su minacce di repressione. Noi siamo al fianco degli studenti, e saremo con loro nel caso l'esecutivo li aggredisse'. Precisa Paolo Caratossidis, coordinatore nazionale di Forza Nuova, che, tutto è tranne che di sinistra. Come a dire che la protesta è davvero trasversale e senza colore politico.
In controtendenza ed in risposta a quanto annunciato stamani dal Premier nella conferenza stampa frettolosamente comunicata nella serata di ieri “ come azione d’urgenza” : “…convochero' oggi il ministro dell'Interno e daro' a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine… per non far occupare scuole e università”.
Una minaccia che ha sollevato la reazione di buona parte del mondo politico e del mondo sindacale: tutti concordi nel dire che una minaccia simile è inammissibile.
Ma di fronte a chi dice: “Io non retrocederò di un centimetro!”, c’è davvero poco di inammissibile, o di non attuabile, tenendo presente che durante il precedente Governo Berlusconi, nel 2001, i manganelli vennero pesantemente utilizzati proprio per reprimere le proteste.
C’è solo da aspettare dunque. Da aspettare i chiarimenti che la Ministra Gelmini dovrà fornire oggi pomeriggio in Parlamento, in merito alle dichiarazioni odierne del Premier. Da aspettare, e capire se realmente il Governo deciderà di usare le maniere forti, oppure sceglierà il dialogo.
Perché, qualora venisse scelta la prima opzione, i manganelli, ci chiediamo, verranno usati anche contro genitori e docenti, o verrà fatta una selezione preliminare?

L'ira dei ragazzi miti

"Berlusconi ci teme" - Curzio Maltese - Repubblica, 24 ottobre 2008

L'onda della protesta in tutta Italia

"La vostra crisi non la paghiamo" - Repubblica.it

UNIVERSITA’: DARIO FO, BERLUSCONI E’ ANDATO VIA DI TESTA

(AGI) - Torino, 23 ott. - “Nessun capo di governo era mai arrivato ad annunciare, quasi a promettere, l’invio delle forze di polizia: vuol dire che e’ andato via di testa”. Cosi’ Dario Fo, intervenuto, oggi a Torino, all’inaugurazione “Terra Madre”, l’appuntamento mondiale delle comunita’ del cibo, ha commentato le dichiarazioni di ieri del premier sulle occupazioni nelle universita’.

“Lui si era dichiarato - ha detto ancora Fo - ormai a determinare le proprie scelte verticalmente, senza discussione. Non sospettava che ad un certo punto una popolazione cosi’ giovane e viva, che pensava di avere per se’, gli si rivoltasse, occupasse le strade, le scuole”. “La presunzione di potenza, dice qualcuno, determina la follia. Lui - ha concluso Fo - e’ al limite della follia”. (AGI)

Gli slogan

Pisa, Manifestazione 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008

Pisa, manifestazione 23 ottobre 2008
Pisa, Manifestazione 23 ottobre 2008
Pisa, Manifestazione 23 ottobre 2008
Pisa, Manifestazione 23 ottobre 2008

Torino: occupazione scienze MFN



Video realizzato da Gemma!

Pisa: la facoltà di Giurisprudenza è occupata

Sapienza occupata, 23 ottobre 2008
Pisa, Sapienza occupata 23 ottobre 2008
Pisa, Sapienza occupata, 23 ottobre 2008
Pisa, Sapienza occupata 23 ottobre 2008

Pisa non c' è

Insomma ragazzi, 20000 persone in corteo per più di 4 ore, una città bloccata dalla manifestazione e nessuno ne parla!! Ho trovato solo un articolo sul Tirreno che parla di Pisa : http://www.iltirreno.repubblica.it/dettaglio/Ventimila-in-piazza-Sapienza-occupata/1531916?edizione=EdRegionale
ma per il resto solo timidi accenni. Roma è la capitale ed è normale che faccia più notizia, ma non si può restare indifferenti ad una massa così rilevante che si muove in uno degli atenei più rinomati, antichi e prestigiosi d'Italia! Non un servizio nei telegiornali, nemmeno ad Annozero si è parlato di Pisa, sono andati a Bologna dove la protesta mi sembra abbastanza flebile rispetto a quella del nostro ateneo...allora tocca a noi...postate le foto e i video su tutti i siti che vi capitano, commentate e spargete la voce, informate la popolazione delle proposte che nascono dal nostro ateneo, delle iniziative, degli eventi! Perchè la mobiltazione è forte e partecipata, ma rischia di essere inutile se il nostro messaggio non arriva a tutti!

Foto manifestazione 23 ottobre, Pisa

Pisa, manifestazione 23 ottobre 2008
Pisa, manifestazione 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008
Manifestazione contro la legge 133 e il decreto Gelmini, Pisa 23 ottobre 2008

Manifestazione Pisa 23 Ottobre















Il corteo parte da Piazza Sant'Antonio alle 15.















Lungo Corso Italia : cori, striscioni, musica. Facciamo sentire la nostra voce divertendoci e trasmettendo a chiunque assista alla manifestazione la nostra voglia di esserci per impedire che il nostro futuro venga compromesso.
















Arriviamo a ponte Solferino : guardate quanta gente lungo il Lungarno! Ci informano che parte del corteo ancora non si è mossa da Piazza Sant'Antonio e un'altra parte sta ancora percorrendo corso Italia...Pisa è nostra!















Davanti al Rettorato ci fermiamo un attimo per permettere al corteo di compattarsi, il ponte è ancora pieno, mentre dall'altra parte dell'Arno si vedono le ultime bandiere che chiudono l'enorme marea di persone che sfilano per la città.
















E infine tutti in Piazza dei Cavalieri, come da tradizione ormai...Lì tutto è iniziato l'8 ottobre scorso, e tutto continua. Prima 3000, poi 6000 e ieri più di 20000 persone. La partecipazione è grande, la mobilitazione è collettiva e inarrestabile. Sul palco si susseguono i ragazzi di Sinistra Per... (una delle quattro sigle che hanno organizzato la manifestazione), i ricercatori precari, gli studenti, i dottorandi. Ed una sola voce si leva dalla piazza : RITIRATE LA LEGGE 133!