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«Se ci sono atenei che non sono in grado di pagare lo stipendio il mese prossimo, questo non ha nulla a che fare con i ministri Gelmini e Tremonti, ma col fatto che per quindici anni alcuni rettori hanno sperperato, pensando che qualcuno poi tappasse i buchi». E' la posizione controcorrente, in questi giorni di proteste generali e generalistiche, del rettore dell'Università di Trento, Davide Bassi. Il rettore ieri ha prodotto, insieme con i colleghi dell'Associazione per la Qualità delle università italiane statali (Aquis), un documento da presentare al Governo: si chiedono interventi mirati e non tagli "a pioggia". «Noi non abbiamo sperperato- ha proseguito il rettore - e per non farlo abbiamo dovuto dire molti no, anche di fronte a richieste che hanno una loro logica, ma che non sono sostenibili: allora non si può trattare tutti allo stesso modo. Si deve andare, pro futuro, a patti personalizzati ateneo per ateneo. I sacrifici li facciano coloro che hanno sperperato le risorse e non quelli che fino adesso si sono dati da fare per utilizzarle al meglio».
Il rettore non crede alla soluzione delle manifestazioni: «Noi», dice a Libero-news, «siamo servitori dello Stato, abbiamo un ruolo istituzionale, bloccare le lezioni è uno spreco di risorse e un danno inutile per gli studenti. La situazione è complicata, ma manifestare non ha senso. Ho ricevuto un centinaio di studenti che è venuto nel mio ufficio, nei giorni scorsi. Ho cercato di spiegare ai ragazzi che il maestro unico, per esempio, non dovrebbe più essere una loro preoccupazione: non abbiamo nemmeno la facoltà di scienze dell'educazione... Stanno protestando per tutto, per la riforma delle elementari, per quella dell'Università che nessuno ancora ha visto, per i tagli, per la privatizzazione dell'Università che è chiaramente un non problema, visto che nessuno in Italia ha le forze per acquistare gli atenei, né esiste in altri luoghi del mondo una università totalmente privata.
E' chiaro che una protesta così a "polpettone" ha solo una matrice ideologica, e non può portare certo a soluzioni. Gli sperperi ci sono stati, in questi ultimi decenni, e le difficoltà delle università italiane, come ho già detto, non vengono certo dai tagli di Tremonti. La crisi viene da lontano, ed è dovuta al fatto che molti rettori hanno usato l'autonomia dell'università senza correlarla al senso di responsabilità: hanno detto di sì a tutti, pagando tutti e accumulando così debiti consistenti. Ora, con la crisi economica in atto, si trovano in effettiva difficoltà con i mutui e i finanziamenti. Alcuni di loro scatenano gli studenti, così liberano della colpa. Noi, che abbiamo sempre fatto quadrare i conti, ora non vogliamo pagare per loro».
Libero News
2 commenti:
hanno detto si a tutti. probabilmente i si erano mirati ad ampliare l'offerta formativa, ad aprire nuove facoltà, che traducendo significa più opportunità di scegliere cosa studiare. ci sono stati sicuramente sprechi, come ce ne sono dappertutto, ma i provvedimenti della 133 cercano di arginarli nel modo più drastico. tolgono i fondi, quindi niente soldi, niente sprechi. Piuttosto si dovrebbe monitorare e gestire meglio i movimenti dei fondi destinati alle università ed incoraggiare i finanziamenti per permettere di dire più sì (che siano utili s'intende) senza creare debiti, che siano sostenibili e proficui per l'offerta di servizi migliori.
Ragazzi, ho appena letto il testo dell'intervista di Cossiga al Resto del Carlino, lo riporto. E' il caso di stare molto attenti a come si manifesta e non dare ascolto a provocatori che istigano alla violenza fine a se stessa!
Non è uno scherzo.
Presidente Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?
Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd,
temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia.
Quali fatti dovrebbero seguire?
Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno.
Ossia?
In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito.
Gli universitari, invece?
Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi,
diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città.
Dopo di che?
Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.
Nel senso che…
Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti
che li fomentano.
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