Viste le mozioni e le successive prese di posizione approvate sin dall’emanazione del Decreto Legge 112 del 18 giugno 2008, convertito il 6 agosto nella Legge 133/2008, dalla CRUI e dal CUN, ovvero, i maggiori organi di rappresentanza delle Università Italiane, da diverse Conferenze dei Presidi, dai Senati Accademici e dai Consigli di amministrazione della maggior parte degli Atenei Italiani;
Vista la posizione espressa dai Senati Accademici delle Università Toscane riunitisi per via straordinaria in seduta congiunta;
Viste le prese di posizione di molti organi collegiali della Facoltà e dei Dipartimenti dell’Ateneo pisano e toscani;
Vista la forte denuncia all’opinione pubblica fatta dall’assemblea generale del personale dei tre Atenei pisani rivolta ad evidenziare il rischio dello smantellamento dell’Università pubblica;
Vista la rilevante, giustificata protesta studentesca e la profonda preoccupazione dei giovani laureati e dei giovani docenti che svolgono con sacrificio e senza la giusta rimunerazione tanta parte delle funzioni didattiche nel momento attuale;
Vista l’attuale sordità da parte del Governo nei confronti dei pareri negativi delle rappresentanze dei docenti e delle associazioni di dottori di ricerca, dei dottorandi, contrattisti, precari e studenti, della CRUI e del CUN, delle Conferenze dei Presidi, dei Senati Accademici e consigli di amministrazione della maggior parte degli atenei italiani;
Considerato che l’Italia, in buona posizione per produzione scientifica, è già molto lontana dagli obiettivi europei sulla formazione, perché molto indietro (malgrado tentativi maldestri di mostrare il contrario) per spesa annua per studente, ed ultima in Europa per spesa totale destinata all’Università rispetto alla PIL (0,9 % contro 1,3% della media UE), per la quota di spesa pubblica per l’università (1,6% contro 2,8% della media UE), per spesa totale destinata alla ricerca rispetto al PIL (1,09% contro 2,26% della media UE);
Considerato che, approfittando di attacchi mediatici (spesso diffamatori) su caratteri pur discutibili della gestione dell’Università, viene colpito il sistema pubblico nel suo insieme penalizzando anche gli atenei con maggiore tradizione nella ricerca e nell’insegnamento;
Considerato che il sistema universitario e di ricerca italiano esige un’analisi critica approfondita e un ampio confronto per giungere ad una vera riforma che, superando operazioni strumentali e di dubbio conio, pervenga ad una riaffermazione del fine di alta formazione e di cultura critica, dia maggior rilievo alla ricerca, premi il merito e apra talenti dei “capaci e meritevoli”;
Rilevato che la legge 1338/2008 (conversione del DL 112/2008) condanna alla fine il sistema pubblico universitario e di ricerca prevedendo i seguenti effetti:
• una riduzione annuale fino al 2013 del Fondo di Finanziamento Ordinario di 467 milioni di euro (taglio del 6%) e un taglio del 46% sulle spese di funzionamento;
• una riduzione del turn /over al 20% per l’università (su 5 che vanno in pensione uno solo verrà assunto) nel periodo 2009-2013 (in termini finanziari-64 milioni di euro nel 2009,-190 milioni di euro nel 2010,- 316 milioni di euro nel 2011, - 417 milioni di euro nel 2012,- 455 milioni di euro nel 2013);
• un taglio complessivo di quasi 4 miliardi di euro in 5 anni;
• la trasformazione delle Università pubbliche in fondazioni di diritto privato;
Rilevato che gli effetti combinati dell’art.49 della Legge 133/2008 (divieto di ricorrere al medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell’ultimo quinquennio), e del 37-bis inserito nel ddl 1441 in corso d’approvazione parlamentare, (cancellazione della procedura delle stabilizzazioni) produrranno il blocco delle forme contrattuali a tempo determinato in enti dove la frequenza di concorsi è scarsa e il licenziamento in tronco (dopo tre mesi dall’eventuale entrata in vigore del ddl 1441) di chi aveva già ricevuto garanzie dallo Stato di un percorso per andare a stabilizzare la propria attività professionale;
Ritenuto che le misure descritte mettono a rischio il normale esercizio della didattica e della ricerca nelle università e nei centri di ricerca, aggravano il problema del numero e della media anagrafica del personale, tradiscono gli accordi europei e il dettato costituzionale sulla necessità della natura pubblica dell’istruzione, compresa quella universitaria; difatti:
• i tagli indiscriminati senza accenni a criteri di valutazione, sono insopportabili per un settore già in grave sofferenza e sottovalutato rispetto a quanto succede nel mondo;
• vengono chiuse le porte ai giovani talenti, una delle risorse più pregiate del nostro Paese;
• il taglio indiscriminato delle risorse unito alla possibilità di trasformazione in fondazione rischia di modificare il sistema Universitario nazionale in un sistema di formazione debole e con accessi differenziati in base al censo (nessun tetto per le tasse universitarie). Inoltre, senza riferimento alla valutazione si selezioneranno le discipline e le sedi universitarie non sulla base del loro valore, ma in ragione del contesto socio economico in cui operano;
• lo Stato non può garantire un percorso di acquisizione di diritti e al tempo stesso tradire quella garanzia mettendo in gioco la reputazione delle istituzioni e le basi di solidità civile dei cittadini.
Il Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia
Facendo propria la mozione dell’assemblea tenutasi in Piazza dei Cavalieri l’8 ottobre 2008, afferma con forza la propria contrarietà ai provvedimenti adottati dal Governo, evidenziando i gravi rischi legati ad un indebolimento del ruolo complessivo della produzione e fruizione del sapere nel nostro paese.
Chiede:
• che il Governo riveda i propri orientamenti;
• che il Parlamento non approvi il ddl n. 1441;
• che, a partire dalla discussione parlamentare della Legge finanziaria, si riaffermino gli obiettivi europei e siano corrette le norme previste dalla Legge 133/2008;
• che, dato il carattere strategico delle politiche sulla formazione universitaria e la ricerca, tale materia non venga trattata con decreti e a colpi di maggioranza, ma con un serio confronto, con il coinvolgimento degli esponenti della cultura italiana e di tutti i soggetti interessati.
• Impegna il Preside a farsi interprete in ogni sede delle posizioni espresse, a prendere contatto tempestivamente con i rappresentanti istituzionali dell’Università di Pisa e a farsi promotore di iniziative congiunte con la Provincia e la Regione.
Decide una settimana di sospensione della normale attività didattica con un impegno dei docenti strutturati e precari, del personale tecnico amministrativo e degli studenti, a discutere e ad approfondire i problemi riguardanti la programmazione didattica alla luce della situazione venutasi a creare nella Facoltà e nell’Università.
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