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domenica 30 novembre 2008

Genova: comunicato sullo sciopero del 12 dicembre

Da quando, appena due mesi fa, questo movimento ha mosso i suoi primi passi molte
cose sono cambiate, facendo crescere la speranza che molte altre cambieranno.
L’onda è cresciuta e altri, sulla sua scia, si sono mossi: vediamo nella proclamazione
dello sciopero generale del 12 dicembre un segnale di questa crescita. Uno sciopero
generale reclamato e ottenuto da chi, in queste giornate di lotta, ha dato vita nelle
piazze ad una mobilitazione capace di riconquistarsi, autorappresentandosi, i propri
spazi di azione, dettando cosi il calendario politico nazionale.
Nel riconoscere però a questo movimento il merito della proclamazione delle
mobilitazioni del 12, sentiamo anche addosso la responsabilità di rendere realmente
generale - e quindi generalizzato - lo sciopero, ritenendo insufficienti solo quattro ore
di astensione dal lavoro.
Lo slogan che ci ha accompagnato, e che più ha rappresentato il movimento in questi
due mesi di lotta, è stato: “Noi la crisi non la paghiamo”. Vogliamo quindi, nel percorso
di avvicinamento allo sciopero generale del 12, allargare questo “noi” a tutte quelle
categorie sociali che oggi, insieme agli studenti, pagano sulla propria pelle questa
crisi.
Vogliamo che lavoratori, precari, immigrati, pensionati, casalinghe, insegnanti e
disoccupati vedano nell’onda la possibilità di raddrizzare, sovvertendolo, l’ordine
capovolto di un paese come l’Italia, paese in cui giustizia e legalità rappresentano
spesso due valori contrapposti.
Un paese in cui è sicuramente ingiusto - ma legale - formulare contratti di lavoro che
non garantiscono né un presente dignitoso, né un futuro programmabile.
Dove è giusto - ma illegale - occupare università contro una legge anticostituzionale e
liberticida.
Un paese in cui è legale e giustificata la discriminazione delle persone sulla base di un
fantomatico
reato di clandestinità, siano essi immigrati rinchiusi in un cpt o i loro figli relegati in
quella soluzione neofascista chiamata “classi ponte”.
Un paese in cui le sentenze dei tribunali hanno sancito da una parte l‘illegalità di una
lotta per rendere possibile un mondo diverso, dall’altra la legalità di reprimere questa
lotta irrompendo nottetempo in una scuola con un‘operazione definita, dagli stessi
esecutori, “di macelleria”.
La risposta di questo governo alle nostre pretese, quando non è stata affidata alla
repressione poliziesca, è sempre stata “non ci sono i soldi”... Non è vero, non ci
crediamo.
In questa Italia i soldi ci sono per salvare le banche e i loro giochi speculativi, ci sono
per esportare a colpi di bombe sui civili la “democrazia” in altri paesi; non ci sono però
i soldi per garantire una casa o un lavoro degni di essere chiamati tali per tutti, non ci
sono e sempre meno ce ne saranno per assicurare un’istruzione pubblica libera e
capace di sviluppare un pensiero critico.
A fronte di quanto detto, riconosciamo quindi, nello sciopero generale del 12, una
prima tappa fondamentale di un percorso di lotta che vedrà contrapporsi sempre più
quella parte di società sulla quale si vuol far ricadere il prezzo della crisi e chi questa
crisi ha generato speculando e e su di essa continuerà a speculare.
Da qui al 12 saranno molte le giornate di mobilitazione, analisi e comunicazione
diretta; l’onda scorrerà per le strade raccogliendo le istanze della gente, si ritirerà
nelle facoltà per una tre giorni di analisi sull’università e la società, per poi esondare
travolgente nella giornata dello sciopero sociale e non fermarsi più.

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