Data: | 13-10-2008 |
Descrizione: | Nota sulle web-mail al Presidente della Repubblica in relazione alla legge di conversione del decreto legge 137, in materia di istruzione e università |
N o t a Giunge in questi giorni al Presidente della Repubblica un gran numero di messaggi con i quali da parte di singoli, e in particolar modo di insegnanti, nonché da parte di talune organizzazioni, gli si chiede di non firmare il decreto legge 137 – o, più propriamente – la legge di conversione di tale decreto. Pur nella viva attenzione e comprensione, da parte del Presidente, per le motivazioni di tali appelli, si deve rilevare innanzitutto che il Parlamento non ha ancora concluso l’esame del provvedimento in questione. Inoltre, secondo la Costituzione italiana, è il governo che si assume la responsabilità del merito delle sue scelte politiche e dei provvedimenti di legge sottoposti al Parlamento, che possono essere contrastati e respinti, o modificati, solo nel Parlamento stesso. Il Capo dello Stato non può esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce: la stessa facoltà di chiedere alle Camere una nuova deliberazione sulle leggi approvate incontra limiti temporali oggettivi nel caso della conversione di decreti-legge, ed il Presidente ha in ogni caso l’obbligo di promulgare le leggi, qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo. Roma, 13 ottobre 2008 |
Finalmente stasera qualcosa si è mosso, qualche notizia è trapelata, forse erano semplicemente troppe per restare nascoste. Oltre a questo comunicato, che potete andare a leggere anche sul sito della Presidenza della Repubblica (http://www.quirinale.it/Comunicati/Comunicato.asp?id=36968 ), riportiamo anche un articolo pubblicato da RAINEWS24. ( http://www.rainews24.it/notizia.asp?newsid=87018 )
Valanga di e-mail al Quirinale contro la riforma Gelmini. Napolitano: la competenza è del parlamento
La riforma della scuola e' ancora all'esame del Parlamento. Inoltre, secondo la Costituzione, la responsabilita' delle scelte politiche e' del Parlamento. E il presidente della Repubblica "non puo' esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce". Giorgio Napolitano, attraverso una nota diffusa dal Quirinale, risponde cosi' agli appelli che gli vengono rivolti via e-mail a non firmare la
riforma Gelmini della scuola.
"Giunge in questi giorni al presidente della Repubblica - si legge nella nota del Quirinale
- un gran numero di messaggi con i quali da parte di singoli, e in particolar modo di insegnanti, nonche' da parte di talune organizzazioni, gli si chiede di non firmare il decreto legge
137 - o, piu' propriamente - la legge di conversione di tale decreto".
"Pur nella viva attenzione e comprensione, da parte del presidente, per le motivazioni di tali appelli - prosegue il comunicato - si deve rilevare innanzitutto che il Parlamento non ha ancora concluso l'esame del provvedimento in questione. Inoltre, secondo la Costituzione italiana, e' il governo che si assume la responsabilita' del merito delle sue scelte politiche e dei provvedimenti di legge sottoposti al Parlamento, che possono essere contrastati e respinti, o modificati, solo nel Parlamento stesso".
"Il capo dello Stato - sottolinea il Quirinale - non puo' esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce: la stessa facolta' di chiedere alle Camere una nuova deliberazione sulle leggi approvate incontra limiti temporali oggettivi nel caso della conversione di decreti-legge, ed il presidente ha in ogni caso l'obbligo di promulgare le leggi, qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo".
Da giorni una pioggia di e-mail è arrivata al sito del Quirinale per convincere il presidente Giorgio Napolitano a non firmare la legge sul "maestro unico". L'iniziativa, nata spontaneamente da insegnanti e genitori la scorsa settimana, si sta diffondendo attraverso blog, sms e messaggi di posta elettronica che invitano a chiedere al Capo dello Stato di rinviare alle Camere la riforma della scuola firmata Mariastella Gelmini.
Uno degli sms diffusi in questi giorni recita: "Vai sul sito www.quirinale.it, clicca su posta e manda una mail a Napolitano per chiedergli di non firmare il decreto Gelmini. Se arrivano almeno 20 mila mail si può bloccare tutto". Affermazione, quest'ultima, che naturalmente non ha alcuna base giuridica, in quanto tutt'al più si tratta di un'operazione di "moral suasion".
Su vari blog si discute, comunque, dell'iniziativa e si riportano mail già inviate al sito del Quirinale. Ma sul newsgroup it.istruzione.scuola, qualcuno avanza dubbi sul reale peso dell'iniziativa, e ricorda che i poteri di intervento del Capo dello Stato sono limitati. "Napolitano - è scritto - può rinviare la legge alle Camere, ma se quelle gliela rimandano non può fare altro che firmare".
Nonostante molti riconoscano le scarse probabilità che il bombardamento di mail possa avere effetti sul percorso della legge, c'è chi assicura che "l'iniziativa si sta diffondendo tanto. Ho già ricevuto molti sms, anche da altre regioni d'Italia e non solo dalle mie conoscenze locali".
L'iniziativa ha incassato oggi il sostegno della scrittrice Dacia Maraini, che si dice "assolutamente contraria ai tagli alla scuola in generale e in particolare a quella elementare, che è un bene prezioso per il nostro paese e considerata un modello che tutti ci invidiavano e che ora rischia di rovinarsi". "Sulla scuola - aggiunge la Maraini - bisogna investire di più, mentre i tagli vanno fatti altrove: dalla casta alle spese militari, per esempio".
Come al solito non si fa menzione delle manifestazioni e delle proteste. Non si parla apertamente di università, si parla di maestro unico e di istruzione in termini vaghi, generali. Forse costerebbe troppo spiegare in cosa consistano effettivamente questi provvedimenti e sarebbe troppo scomodo perchè allora tutti capirebbero e si mobiliterebbero per evitare che entrino in vigore. Non arrendiamoci. Non rassegnamoci. Con quest'articolo ci dicono chiaramente che anche mandare 20000 emali al Presidente della Repubblica è inutile. Sono d'accordo, non conta molto, non ha molto potere decisionale in Italia. Fanno quello che vogliono e, se non diamo un segnale forte di contestazione, un segnale che tutto il Paese possa sentire, andranno fino in fondo.
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